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venerdì 12 luglio 2019

Libera Pupazzeria dei maestri Massimo Piunti e Silvia Di Gregorio



Laboratorio permanente sulla tradizione della pupazza abruzzese e sculture in cartapesta. Massimo Piunti e Silvia Di Gregorio presso Roio Piano-L'Aquila
Le gioiose macchine da festa!

Nel 2007 a Roio Piano, piccola frazione a pochi chilometri dall’ Aquila, Massimo e Silvia danno vita alla Libera Pupazzeria. In alcuni angusti locali un tempo stalle o rimesse della legna costruiscono il loro laboratorio-officina per la realizzazione delle pupazze pirotecniche. Quella delle pupazze è un antica usanza tipicamente abruzzese la cui origine si perde nella notte dei tempi, un fantoccio in cartapesta con lo scheletro di legno ricoperto da fuochi d’ artificio (in passato veniva invece incendiato) che viene indossato e ballato da un temerario ballerino al ritmo di saltarello. Tutti gli spettatori in cerchio incitano battendo le mani, si avvicinano per poi fuggire quando la pupazza si dirige verso di loro, un vero spasso e anche un po’ di paura. Nell’ era di internet il ballo della pupazza riscuote sempre molto successo, l’ attesa è sempre molta per veder apparire di notte da qualche via secondaria questo pupazzo dalle esagerate fattezze femminili che si lancia nei più bizzarri balli circolari, quanta bellezza rintracciabile nei visi dei bimbi, degli anziani appena rischiarati dalla luce argentea delle fontane e dei bengala che si accendono in successione in un crescendo di scintille fischi e botti.. sembrano immagini di almeno trent’ anni fa eppure sono di ieri sera.. ! Massimo da sempre emozionato da queste figure, ha iniziato a costruirle alla fine degli anni 90, cosi da solo, per la grande passione che lo ha pervaso da sempre per i fuochi d’ artificio e per quel senso dell’ attesa che generano soprattutto quando si è bambini.
“Pirotecnico forse non lo sarò mai ma costruttore di pupazze senz’ altro..” ed ecco che il sogno si realizza, arriva nel piccolo paese nel novembre del 2000 e, in una stanzetta sotto casa, che molti anni prima fungeva da rimessa per gli asini, inizia a piegare i legni per fare i cerchi della gonna e cosi via fino a realizzare le prime pupazze che balleranno a giugno per la festa di S. Franco. Da allora pupazze sempre fantasiose ed elaborate, con o senza fuochi, vistosamente colorate o completamente bianche come fantasmi, piccolissime, indossabili dai bambini o alte fino tre metri, insomma un vero parco pupazze che nonostante le perdite subite a causa del terremoto oggi conta una quindicina di unità senza contare quelle realizzate nei numerosi laboratori svolti in tutt’ Abruzzo e fuori regione. 
Silvia invece aveva visto durante la sua infanzia un solo ballo della pupazza, a Popoli , nel paese in cui è nata, e ne conservava un ricordo magico..questa figura femminile gigantesca, vista dalla sua piccola statura, che in mezzo ad un fragore crepitante di luce danzava fino a consumarsi..in mezzo ad enormi scintille bianche, come una stella scesa in mezza alla piazza.. Così quando nel 2007 arrivò a Roio Piano, subito rimase affascinata dal ritrovare lì quelle lontane figure della sua infanzia e con entusiasmo si affiancò a Massimo nella sua attività di costruttore di pupazze. Figure che non si sa da dove arrivino e che sopravvivono alla danza del fuoco per venire nuovamente indossate da altri in altri luoghi, dalle fattezze più strane, secondo il tempo e l’estro dei vari costruttori, e che portano i segni dei vari rimaneggiamenti che subiscono di ballo in ballo, di festa in festa, ma pur sempre
misteriose.. L’ origine di questo rito si perde , probabilmente nato nell’ambito delle feste di fine raccolto, quindi legato alla ciclicità dei processi naturali, alla terra (le sue ceneri venivano sparse sui campi come auspicio) ma la sua tradizione ancora resiste e si rinnova. Proprio quest’aspetto misterioso della pupazze le interessava amplificare esaltandone il carattere di figure senza tempo. Così insieme a Massimo costruisce parate in cui il ballo della pupazza vero e proprio viene preceduto dall’ attraversamento del luogo della festa da parte di figure, pupazzi giganti, ridotti alle loro linee essenziali, che si muovono lentamente e secondo andature particolari disegnando strane geometrie nello spazio e che si fanno portatori di segni e simboli di volta in volta diversi. Si interessano poi particolarmente alla festa che si sviluppa intorno a quest’usanza, che pur conservando l’aspetto di spontaneità che le si addice, diventa occasione per far affiorare capacità, talenti e voci presenti nella comunità stessa in cui l’evento si svolge, voci e talenti delle persone quasi sempre sopite , non valorizzate se non , spesso , scoraggiate, che trovano invece in quel momento l’ opportunità per comunicare ed esprimersi secondo la loro modalità più propria. Lunga vita allora alla “ Madre dei campi” regina di cartapesta che per una sera indossa gli abiti griffati della nostra creatività più autentica.

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